Girovagando per il web mi imbatto nelle immagini gustose, polpose come una pescanoce, decadenti e vagamente kitsch del matrimonio del nostro ministro per le pari opportunità, la soubrette Carfagna, con un rampollo dell'edilizia vicino a torbidi ambienti ex Dc.
Il solito matrimonio da melodramma; una festa freak di nani e ballerine. Con Brunetta che accanto alla moglie è più patetico di Rigoletto, con il Papi in persona in veste nientemeno che di testimone della sposa (un testimone dello sposo, vi ricorda niente? di cognome fa invece De Mita) e con la solita pletora di volti vecchi e nuovi della politica nazionale vestiti e truccati per la festa, ossia con generose dosi di cerone a nascondere i lineamenti tesi di chi è lì per procacciarsi favori.
Il volto della Carfagna, quasi deforme come Amelia che nel Ballo in Maschera cerca a mezzanotte l'erba stregata che le farà dimenticare pene (volutamente non aggiungo articoli) d'amore, è l'emblema della politica nazionale: ipocrita e ormai prossimo al disfacimento, non ha niente che ricordi nemmeno lontanamente le fattezze radiose di una sposa felice.
Ma per fortuna interviene LUI, il mio politico preferito, il ministro Tremonti: che ovviamente non è invitato a nozze, ma tra un bicchiere di Veuve Cliquot e un vol au vent al pregiato salmone siberiano, viene maledetto dal Papi anche nel momento della festa della sua velina-ministro.
Tremonti: un nome, una garanzia. La serietà che irrompe nel faceto.
Come il tenore che interviene, deus ex machina, a salvare la bella soprano dalle grinfie del baritono malvagio, così il faccione serio di Tremonti, in pericolo se non di vita quantomeno di ministero, ci consola delle smorfie tirate della sposa Carfagna.