luna bianca luna nera è la luna del calendario, quella di tutti i giorni, perché in questo blog si parla di ciò che succede e di come lo sentiamo.
l'una bianca, l'una nera: qualcosa ci piace, qualcos'altro invece no. perché anche la luna ha un suo fondo di inquietudine.

martedì 26 aprile 2011

Parole...parole...parole....


L’importanza dell’informazione nella nostra società è enorme, così come spaventoso è il potere concentrato nelle mani dei grandi media che gestiscono le informazioni. L’idea che ci facciamo di ciò che accade al di fuori delle nostre case, delle nostre amicizie e dei nostri contatti quotidiani, deriva dal modo in cui i media ce lo propongono. Sono i giornali e le televisioni ad offrirci i parametri attraverso i quali leggere il mondo che ci circonda, individuare i buoni e i cattivi, separare i progetti utili da quelli sbagliati, considerare la validità delle scelte di ordine economico, ambientale, etico, scientifico, formarci un’opinione su tutto ciò che accade. Sono i giornali e le televisioni a fornirci le coordinate che ci permetteranno di entusiasmarci, preoccuparci, indignarci, emozionarci, solidarizzare, condividere, contestare, disapprovare, manifestare qualsivoglia genere di emozione relativa alla realtà che ci viene rappresentata. Sono i giornali e le televisioni a plasmare e costruire la notizia, a deciderne l’importanza e la visibilità. Questa è la ragione per cui il controllo dell’informazione è indispensabile al potere, attraverso i media è infatti possibile gestire l’opinione pubblica, costruire consenso e distruggere eventuali avversari.
Poi ci sono le necessarie evoluzioni adatte allo scopo. Una di queste è il cambiamento del linguaggio. Le parole cambiano la loro funzione: non servono più a rispecchiare il contenuto, non rappresentano più un concetto, servono semplicemente a soggiogare emotivamente l’interlocutore al fine di orientare l’opinione pubblica in maniera funzionale ad interessi superiori.
Qualche esempio:
“strategicità di un’opera”
“necessità di sviluppo”
“funzionale agli obiettivi di crescita”
“indispensabile alla ripresa economica”
“democratizzazione di un popolo”
“recupero di competitività”
“maggiore flessibilità”
“mercato globale”
“grandi infrastrutture d’importanza internazionale”.
Frasi fatte, luoghi comuni, esternazioni ad effetto prive di un reale significato che hanno un unico obiettivo: impressionare! Ma io scommetto che chi si riempie la bocca di questi paroloni difficilmente sarà in grado di spiegarci perché quella determinata opera è strategica o le motivazioni della necessità di sviluppo, oppure le ragioni per le quali una decisione è utile agli obiettivi di crescita o indispensabile alla ripresa economica. Nessuno sarà in grado di spiegarci come sia possibile esportare la democrazia, cosa significhi realmente recuperare competitività, quale sia l’importanza internazionale di un’infrastruttura o perché sia indispensabile avere maggiore flessibilità e quali siano i parametri di un mercato globale.
Nonostante ciò l’effetto è assicurato perché noi avremo valutato l’importanza del concetto, accettandolo come necessario ed indispensabile, solo perché chi parla sembra “competente” per il semplice fatto che noi non siamo "all'altezza di capirlo".
Altre parole ormai assiduamente usate sono quei sinonimi di modernità che, di per sé, non hanno nessuna valenza specifica:
veloce, grande, globale, sostenibile, internazionale, imprescindibile, strategico, europeo, progresso, futuro, sviluppo, nuovo, crescita, competitività, prioritario.
E ancora “sviluppo sostenibile”, “ecologia industriale”, “crescita verde”, “produzione pulita”, “economia solidale”, “guerra pulita”, “globalizzazione dal volto umano”.
Sono tutti termini, e spesso contraddizioni in termini,  ripetuti in maniera martellante e ossessiva che servono soltanto a dare ai concetti più svariati una patina di buono, bello e moderno e che rivelano il tentativo di attribuire una funzione ecologica o sociale ad elementi che per la loro stessa natura non potrebbero mai vantarla, perché propongono come rimedio la causa stessa della malattia.
Per concludere….di fronte a certe ostentazioni pseudo-cultural-tecniche mi sento molto consumatore, tubo digerente, ingranaggio di macchina produttiva che deve essere ben oliato per continuare a produrre e a svolgere il compito che gli è stato assegnato: “usi obbedir tacendo e tacendo morir” di antica data (non me ne voglia la Benemerita)!!....e non è che mi senta molto bene….

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