Patty Pravo.
Ha l'onore/onere di interpretare (male) la canzone forse più bella del festival. Niente voce, un'apparenza da vecchia bambola avvolta in un sacco dell'immondizia condominiale, intonazione ballerina. C'è da dire che l'hanno messa a cantare il brano più grave della storia del festival. Al posto suo stonerebbe persino la Netrebko. Voto: 5. Consigli: la prossima volta si presenti meno incellofanata.
Emma e i Modà.
Un brano del tutto insignificante, un look insignificante modello anni ottanta che dovrebbe accattivarsi le simpatie dei giovani (quelli nati alla fine degli anni 50 per intendersi), arrangiamento insignificante, voci insignificanti. Questi sarebbero i favoriti? Voto: n.p.
Luca Madonia con Battiato.
Matrimonio siculo per un risultato davvero sorprendente: la canzone è uno spudorato medley tra Sentimiento nuevo e Segnali di vita ma chi dovrebbe contestare il plagio siede tranquillo al pianoforte, ammantato di vaghezze melodiche arabeggianti e misticheggianti ma a ben vedere, nel contesto, vagamente insensate. Canzone sconclusionata e palesemente già sentita, con un Madonia espressivo come un frammento di lava etnea e un Battiato pianista da secondo anno. Voto: Madonia 4, Battiato 8 per la flemma che comme d'habitude seduce. Consigli: scambiarsi i ruoli.
Giusy Ferreri.
Brava e sensuale, ci si domanda dove una donnina così ina trovi un vocione così one. La canzone è bella, l'interprete è matura. Forse il miglior esempio di coesione tra musica e interpretazione. Simpatiche le calzature che la elevano ad un rango più contraltile. Voto: 9
La Crus.
Atmosfere retrò e voce in stile. Testo guerresco e volitivo: io voglio, io cambio, io so; bruttino, ma la musica si salva. Menzione d'onore agli ottoni dell'orchestra. Cammeo un po' insensato della soprano Susanna Rigacci, nota esperta di musica contemporanea che per l'occasione propone il recupero degli stilemi peculiari della teoria e solfeggio. Voto: 7
Anna Oxa.
O dell'inossidabilità. La canzone, non bellissima a parte le modulazioni selvagge, riecheggia un nonsoché di già sentito, tra il donizettiano, il verdiano e il canzonenapoletano. La Oxa entra a ritmo di chitarra elettrica con un look da eterna ragazza e la voce (quasi) immutata. Una botta di vita. Voto: 8. Consigli: occhio agli acuti.
Tricarico.
Canzonetta accattivante in questi tempi di celebrazioni per l'unità del Belpaese, ma che c'entra allora quel sottofondo in stile coro dei cosacchi del Don? Tricarico ha l'aspetto di un ottavista sovietico ma intona una melodia impossibile senza fare una piega. E c'è persino il fagotto di pierinolupesca prokofieffiana memoria. Troppa Russia non dà credibilità al risultato. Voto: 6
Al Bano.
Il tenore disfatto. Bella la canzone, benché non priva di suggestioni classicheggianti già udite e straudite, ma terribile l'interpretazione. Il vibrato nella voce di Al Bano, che sembra cantare seduto su un compressore a pistoni, rende il tutto semplicemente insopportabile. Voto: 5. Consigli: rottamatelo.
Nathalie Giannitrapani.
Bella voce, sebbene con qualche gocciolina di muco qua e là, bel carattere; è la versione angelica della demoniaca Ferreri. Convincente; e ci ricorda persino che in orchestra esiste l'arpa. Inoltre suona il pianoforte meglio di Battiato. Voto: 9.
Luca Barbarossa con Raquel del Rosario.
Comici. Esordiscono su un tappeto sonoro in stile dark metal con un testo che non c'entra niente (a parte le candele accese) e con l'aggravante di due vocine da canarino che, per quanto ci si sforzi di considerare la realtà sotto molteplici punti di vista, non hanno francamente molto di sensuale. E poi cos'è che è doloroso? Voto: 6 per la simpatia. Consigli: scuola di dizione per la signora usignolo.
Anna Tatangelo.
Ormai le parolacce non scandalizzano più nemmeno al festival di Sanremo. Lei invece, con il look (ma ahinoi non la voce) da cugina povera della fu Giuni Russo, scandalizza eccome. Voto: 5.
Davide Van de Sfroos.
O degli equivoci. Perché il cameraman inquadra il violino quando suona la tromba? Canzone incomprensibile del cowboy del Lario. Voto: 9 al trombettista.
Max Pezzali.
Canzoncina davvero ina, bruttina, striminzitina, adattissima peraltro allo gne gne indisponente di Max Pezzali. Il pezzo intero sembra echeggiare l'antico io ce l'ho e tu no delle scuole elementari. Il risultato è inequivocabilmente noioso. Pardon, noiosino. Voto: qualcosa di piccolino.
Vecchioni.
Brano sentimental-apocalittico, cantore epico, arrangiamento in pieno stile monsignor Frisina (quello del sound dei diecimila violini, per intendersi) con sorrisi e speranze e spazio per il futuro. Una canzone che è destinata ad accontentare un po' tutti perché parla un po' di tutto. E un po' di niente. Voto: 7 per le intenzioni. Consigli: qualche violino in meno la prossima volta.