In questi giorni di diffusa emergenza gelo e neve, fenomeni atmosferici che sembrano non risparmiare nessun angolo dell’imbiancato Belpaese, capita di vedersi recapitare a casa il conto.
Non la bolletta del metano o la fattura del fai da te sotto casa ormai a corto di sacchi di pellet; non il conto del dentista il cui studio sembra essere rimasto l’ultimo luogo riscaldato dell’intera Penisola, nel quale ormai è un piacere rifugiarsi, e nemmeno il conto delle migliaia di ambulanze che in tutto il paese stanno soccorrendo anziani e invalidi in difficoltà: no.
Il conto che è arrivato a sorpresa a molti sindaci dell’Italia centrale, dove così tanta neve è un fenomeno che coglie tutti impreparati, è precisamente quello dell’esercito di spalatori che hanno prestato, per usare un gentile eufemismo, la loro manodopera nella rimozione delle decine di centimetri del bianco elemento inesorabilmente caduti negli ultimi giorni; e l’esercito di spalatori, è proprio il caso di dirlo, esattamente di esercito si tratta, perché il Ministro della Difesa ha ben pensato di impiegare proprio i corpi militari per dare una mano a spalare la neve, salvo poi recapitare a casa dei malcapitati sindaci, cioè nei vari municipi italiani che hanno avuto l’ardire di fruire volentieri del servizio così magnanimamente messo a disposizione, l’onorario per il disturbo.
Se «ad Urbino il sindaco si è sentito chiedere 700 euro al giorno per dieci spalatori (cioè soldati con una pala in mano) più il vitto e l’alloggio», è andata meglio al primo cittadino di Ancona cui l’esercito ha chiesto solo «200 euro al giorno per un bobcat, 800-900 euro per una ruspa, una somma al di sotto dei 100 euro a testa per l’impiego dei soldati, cui però vanno garantiti vitto e alloggio». Non proprio un trattamento da settimana bianca in mezza pensione, ma poco ci manca.
Anche se, stando alle ultime notizie, i sindaci alla fine non pagheranno l’intervento dei militari, il conto dell’esercito rimane comunque l’ultimo dei paradossi italiani.
Ormai da decenni in preda alla frenesia privatizzatoria, dopo aver dato in gestione la scuola, le infrastrutture, persino la gran parte della sanità a entità aziendali dalla mentalità, va da sé, aziendalistica, lo Stato autorizza l’esercito, fruitore peraltro di non pochi fondi pubblici ad esso destinati, a chiedere ai cittadini il conto per le sue prestazioni. Grazie e arrivederci, il piacere è tutto vostro.
Ai poveri italiani, tra cui il sindaco di Urbino che, assieme al presidente della sua Provincia, ha sollevato la questione, non resterà che votarsi a qualche santo. Non c’è che l’imbarazzo della scelta: tra San Maurizio protettore degli Alpini, San Michele protettore dei Paracadutisti, Santa Barbara protettrice degli Artiglieri e San Giorgio protettore dei Cavalleggeri, persino i buoni vecchi santi sembrano essere stati privatizzati. Con la speranza che almeno a loro, dall’alto dell’invidiabile soprannaturale universo parallelo dove si trovano e dove il denaro non ha più alcun senso, non venga in mente prima o poi di presentare il conto per il mistico intervento.