Dal mio osservatorio, di non troppa autorevolezza nelle questioni economiche ma accontentiamoci, guardo e riguardo la famosa nuova Manovra, appena nata e già assunta ad argomento meritevole dell'iniziale maiuscola, e più la giro e la rigiro e meno la comprendo.
Qualcuno all'opposizione ha molto azzeccatamente notato che siamo al caos.
Io ben più modestamente colgo due spunti di riflessione.
1. A VOLTE RITORNANO.
Il servizio militare, che fino a poco tempo fa come tutti sanno era obbligatorio, non sarà più conteggiabile nella pensione. Fantastica notizia degna dei tempi migliori di Israele o del Cile di Pinochet. Il Grande Fratello ti costringe a coltivare gli ortaggi con i quali poi ti farà fare indigestione.
Ricordo un vecchio film di vampiri grotteschi di Polanski in cui uno dei personaggi, intento a piallare quello che con ogni evidenza è il coperchio di una cassa da morto, interrogato sul suo passatempo risponde: lavoro il legno. Ai nostri pensionati vampirizzati dal Nano Sanguinario suggerisco il medesimo utile svago.
2. LA MANOVRA CON LA B MAIUSCOLA.
Qualunque cosa sia stata decisa nell'ambito della Manovra, è stata decisa ad Arcore e non a Roma. Ho detto tutto.
Ma mi resta una curiosità.
Chissà il padrone di casa che cosa ha fatto servire ai suoi ospiti; chissà se sul desco imbandito figurava qualche specialità particolarmente indigesta a Bossi, che è stato visto uscire dal meeting in condizioni di palese disagio psicofisico (Tremonti invece, di miglior umore, sarà certamente stato soddisfatto da pietanze, aromi, salse e bevande e tutte le degne libagioni offerte dalla casa).
La Manovra, insomma, lascia da lavare a noi italiani i piatti sporchi dei nostri governanti. Poveraccio chi dovrà ripulire quello del Nano Sanguinario. Anzi fortunato lui, non dovrà lavorare molto: sarà stata fatta piazza pulita di tutto, incluse le briciole.
un blog dove si parla a ruota libera e dove i pomodori non vengono lanciati a nessuno
luna bianca luna nera è la luna del calendario, quella di tutti i giorni, perché in questo blog si parla di ciò che succede e di come lo sentiamo.
l'una bianca, l'una nera: qualcosa ci piace, qualcos'altro invece no. perché anche la luna ha un suo fondo di inquietudine.
l'una bianca, l'una nera: qualcosa ci piace, qualcos'altro invece no. perché anche la luna ha un suo fondo di inquietudine.
martedì 30 agosto 2011
martedì 23 agosto 2011
Sacco e Vanzetti
In questo blog si parla spesso di lavoro e lavoratori.
Si è scritto di lavoro nero, di riposo e primo maggio, di lavoratori esasperati, di lavoratori sorteggiati e chi più ne ha più ne metta, considerando tale elenco disgraziatamente solo parziale.
Non è un bene parlare così frequentemente di lavoro: tanto meno quando si tratta di lavoro negato e lavoro disperato. Il contrario del lavoro che nobilita l'uomo insomma, e anche il contrario, ahinoi, del lavoro come inteso dai nostri benevoli e un po' ingenui padri costituenti.
Questa constatazione è amara nella giornata di oggi che guarda caso sarebbe il giorno internazionale contro la schiavitù.
Che cos'è, se non schiavitù, questo continuo vedere giovani disoccupati, anche laureati, allo sbando e alla disperazione, che accettano lavori ben oltre il limite dello sfruttamento? Uno spettacolo che fa male. E non tanto agli occhi quanto alla democrazia.
Amara constatazione oggi che la schiavitù, messa giustamente alla porta, rientra senza tanti complimenti dalla finestra. Amara constatazione oggi.
Oggi, guarda caso, ci arriva dalla storia un altro monito imperituro: la vicenda drammatica di Sacco e Vanzetti, due anarchici innocenti mandati a morte sostanzialmente per aver gridato forte i diritti dei lavoratori in un periodo in cui il sindacato era all'alba mentre oggi appare inesorabilmente al tramonto.
Un periodo speculare al nostro. Un periodo nel quale rischiamo di ripiombare da un momento all'altro. O dopo una discesa agli inferi che è ormai sotto gli occhi di tutti.
Disse Vanzetti: "io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della terra ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un radicale, e davvero io sono un radicale".
Si è scritto di lavoro nero, di riposo e primo maggio, di lavoratori esasperati, di lavoratori sorteggiati e chi più ne ha più ne metta, considerando tale elenco disgraziatamente solo parziale.
Non è un bene parlare così frequentemente di lavoro: tanto meno quando si tratta di lavoro negato e lavoro disperato. Il contrario del lavoro che nobilita l'uomo insomma, e anche il contrario, ahinoi, del lavoro come inteso dai nostri benevoli e un po' ingenui padri costituenti.
Questa constatazione è amara nella giornata di oggi che guarda caso sarebbe il giorno internazionale contro la schiavitù.
Che cos'è, se non schiavitù, questo continuo vedere giovani disoccupati, anche laureati, allo sbando e alla disperazione, che accettano lavori ben oltre il limite dello sfruttamento? Uno spettacolo che fa male. E non tanto agli occhi quanto alla democrazia.
Amara constatazione oggi che la schiavitù, messa giustamente alla porta, rientra senza tanti complimenti dalla finestra. Amara constatazione oggi.
Oggi, guarda caso, ci arriva dalla storia un altro monito imperituro: la vicenda drammatica di Sacco e Vanzetti, due anarchici innocenti mandati a morte sostanzialmente per aver gridato forte i diritti dei lavoratori in un periodo in cui il sindacato era all'alba mentre oggi appare inesorabilmente al tramonto.
Un periodo speculare al nostro. Un periodo nel quale rischiamo di ripiombare da un momento all'altro. O dopo una discesa agli inferi che è ormai sotto gli occhi di tutti.
Disse Vanzetti: "io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della terra ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un radicale, e davvero io sono un radicale".
sabato 20 agosto 2011
Fiera del Levante: quando il lavoro è estratto a sorte
Nella Puglia Migliore c’è spazio anche per la fortuna
Per lo svolgimento della prossima Fiera Campionaria Generale, che si terrà a Bari dal 10 al 18 settembre, l’Ente Autonomo Fiera del Levante, ha bandito una vera e propria gara a sorteggio per le 300 unità lavorative necessarie alla realizzazione dell’evento fieristico più importante del mezzogiorno d’Italia.
La Fiera del Levante, tra l’altro, è diventata, soprattutto negli ultimi anni, un appuntamento internazionale per le relazioni commerciali e culturali delle popolazioni del bacino del Mediterraneo rivolgendo una grande attenzione all’oriente e all’Africa sub-sahariana.
L’idea di tirare a sorte è del nuovo presidente della Fiera del Levante, il prof. Gianfranco Viesti, associato di Politica Economica alla Facoltà di Scienze Politiche all’Università degli Studi di Bari.
Sin dal giorno della sua nomina a presidente dell’Ente Fiera del Levante – il 17 febbraio 2011 – il prof. Viesti, vista la crisi che colpisce lo stesso Ente destinato da una legge regionale a finire nelle mani dei privati, aveva annunciato di voler assolutamente cambiare obbiettivi e strategie.
In questa direzione di rinnovamento e rilancio della fiera va questa bizzarra modalità di assunzione del personale (soprattutto hostess), per mezzo del sorteggio già avvenuto ieri 10 agosto. Da quest’anno, in oltre, tra gli altri provvedimenti c’è anche l’eliminazione dei biglietti omaggio. Gli interessati, operatori e curiosi, dovranno farsi carico della loro partecipazione.
Sono più di 9000 le domande arrivate da tutta Italia e compilate on line sul sito della Fiera del Levante. Tutto per uno straccio di lavoro precario per soli 10 giorni e per un compenso lordo di 450 euro, dal quale dovranno essere sottratte le spese di trasferta e di soggiorno. Cosa ne resterà delle 450 euro lorde?
La notizia dell’iniziativa risale alla scorsa primavera e con tutta evidenza non ha stupito più di tanto nemmeno le forze sindacali, tanto meno gli assessori regionali al Lavoro Elena Gentile e alle politiche giovanili Nicola Fratoianni, quasi come fossero tutti convinti della bontà del provvedimento. Restano, intanto, irrisolti non pochi dubbi sulla strategia politica adottata dalla Puglia Migliore.
C’è da essere non poco straniti che, nella Puglia della Politiche Sociali, dei Bollenti Spiriti, del Piano Straordinario del Lavoro 2011 denominato “Puglia al Lavoro“, un economista cattedratico come il prof. Viesti, non abbia trovato altra soluzione migliore per riconoscere, in chi cerca lavoro, merito ed esperienza, e si sia affidato alla sorte.
E’ come se, in assenza di proposte e soluzioni politiche, si preferisse consigliare a milioni di giovani disoccupati e precari di lasciar perdere i loro curriculum, meriti e titoli acquisiti con duro lavoro, sacrifici, una vita di stenti e tanta incertezza. Li si invita soprattutto ad acquistare confezioni formato famiglia di “gratta e vinci”.
E’ vero che la fortuna aiuta gli audaci, ma non vorremmo che anche nella Puglia Migliore serpeggi una subdola rassegnazione al gioco d’azzardo istituzionale.
Giuseppe Vinci
Etichette:
Bari,
disoccupazione,
Fiera del Levante,
Gianfranco Viesti,
lavoro a sorteggio,
precari,
Puglia
lunedì 8 agosto 2011
Il matrimonio di Paola Concia
Auguri alla deputata Paola Concia che pochi giorni fa nella civile Germania ha sposato la sua compagna Ricarda Trautmann.
Auguri, per la par condicio, anche a Luciano Moia per il suo meno civile intervento sul quotidiano Avvenire, nel quale accusa la Concia di aver strumentalizzato l'evento privato delle proprie nozze a fini prettamente politici. Auguri perché, gentile Moia, lei ha colto proprio nel segno: il matrimonio lesbico della deputata Concia è, per nostra e per sua fortuna, esattamente quello che lei ha detto, ossia un gesto politico.
Quando in Italia i diritti fondamentali sono negati ad una certa categoria o a certe categorie di persone, ecco che le nozze, avvenimento altrimenti privato, diventano una giustissima occasione di riflessione pubblica: specie quando le nozze in questione non sono le mie o quelle di Moia, ma quelle di una parlamentare italiana.
A chi fa paura il matrimonio omosessuale? Perché non può essere equiparato alle nozze civili stipulate da qualsiasi coppia etero di fronte ad un sindaco o ad un suo rappresentante? Perché i cattolici gridano tanto e tanto istericamente?
Non sono certo io a dover rammentare a Moia o ai dottori di Avvenire che la Bibbia non è un codice legislativo bensì un libro di spiritualità, e che ciò che contiene, quantunque ispirato, è da tempo soggetto al sacrosanto filtro della storicizzazione: se per gli ebrei dell'epoca di Gesù l'omosessualità era un inutile spreco di seme maschile, oggi, gentilissimo Moia, la visione del mondo in proposito è leggermente mutata.
Per non dire della simbologia che la Bibbia, ridotta troppo sovente dagli stessi cristiani cattolici (che peraltro la leggono ben poco) a raccolta di precetti moraleggianti e comodamente bigotti, contiene al suo interno come ogni libro veramente ispirato.
Infine: il bagaglio di valori che eventualmente un libro ispirato come la Bibbia suscita nel lettore attento non può in alcun modo essere assunto a legge per uno stato che voglia auspicabilmente tutelare ogni filosofia esistenziale ed ogni esperienza spirituale. Un punto di partenza assai disatteso in un paese, l'Italia, molto poco democratico.
Mi rammarico molto del fatto che lei, gentile Moia, non abbia colto l'opportunità di riflessione che le nozze in questione hanno offerto a noi tutti, cittadini di un paese europeo dove tuttora, nel 2011, sussistono discriminazioni che forse non la coinvolgono personalmente ma che non possono e non devono essere ignorate.
Tutto è puro per quelli che sono puri, ha detto una volta un sovversivo condannato barbaramente a morte dopo una vita passata al tavolo dei discriminati. Tutto è puro per quelli che sono puri ma per i contaminati e gli increduli niente è puro, proseguiva lui.
Nemmeno un matrimonio, aggiungo io.
Auguri, per la par condicio, anche a Luciano Moia per il suo meno civile intervento sul quotidiano Avvenire, nel quale accusa la Concia di aver strumentalizzato l'evento privato delle proprie nozze a fini prettamente politici. Auguri perché, gentile Moia, lei ha colto proprio nel segno: il matrimonio lesbico della deputata Concia è, per nostra e per sua fortuna, esattamente quello che lei ha detto, ossia un gesto politico.
Quando in Italia i diritti fondamentali sono negati ad una certa categoria o a certe categorie di persone, ecco che le nozze, avvenimento altrimenti privato, diventano una giustissima occasione di riflessione pubblica: specie quando le nozze in questione non sono le mie o quelle di Moia, ma quelle di una parlamentare italiana.
A chi fa paura il matrimonio omosessuale? Perché non può essere equiparato alle nozze civili stipulate da qualsiasi coppia etero di fronte ad un sindaco o ad un suo rappresentante? Perché i cattolici gridano tanto e tanto istericamente?
Non sono certo io a dover rammentare a Moia o ai dottori di Avvenire che la Bibbia non è un codice legislativo bensì un libro di spiritualità, e che ciò che contiene, quantunque ispirato, è da tempo soggetto al sacrosanto filtro della storicizzazione: se per gli ebrei dell'epoca di Gesù l'omosessualità era un inutile spreco di seme maschile, oggi, gentilissimo Moia, la visione del mondo in proposito è leggermente mutata.
Per non dire della simbologia che la Bibbia, ridotta troppo sovente dagli stessi cristiani cattolici (che peraltro la leggono ben poco) a raccolta di precetti moraleggianti e comodamente bigotti, contiene al suo interno come ogni libro veramente ispirato.
Infine: il bagaglio di valori che eventualmente un libro ispirato come la Bibbia suscita nel lettore attento non può in alcun modo essere assunto a legge per uno stato che voglia auspicabilmente tutelare ogni filosofia esistenziale ed ogni esperienza spirituale. Un punto di partenza assai disatteso in un paese, l'Italia, molto poco democratico.
Mi rammarico molto del fatto che lei, gentile Moia, non abbia colto l'opportunità di riflessione che le nozze in questione hanno offerto a noi tutti, cittadini di un paese europeo dove tuttora, nel 2011, sussistono discriminazioni che forse non la coinvolgono personalmente ma che non possono e non devono essere ignorate.
Tutto è puro per quelli che sono puri, ha detto una volta un sovversivo condannato barbaramente a morte dopo una vita passata al tavolo dei discriminati. Tutto è puro per quelli che sono puri ma per i contaminati e gli increduli niente è puro, proseguiva lui.
Nemmeno un matrimonio, aggiungo io.
Etichette:
LGBT,
omofobia,
politica e attualità,
società,
spiritualità
GUERRA versus GUERRA
Il Medio Oriente violato dall'odio e dal desiderio di guerra e morte vieta le pistole ad acqua di centinaia di adolescenti che a Teheran e in altre città iraniane hanno organizzato, come diremmo noi occidentali, una gavettonata generale.
Pistole ad acqua versus pistole vere.
Pistole ad acqua di fabbricazione cinese versus carri armati di fabbricazione bresciana o spezzina, tanto per capire chi è colonialista e come.
Se è vero che la guerra non è un gioco, è altrettanto vero che il gioco non è una guerra. O sì? Quanto sono sovversivi per il governo dell'Iran manipoli di ragazzi inzuppati che sotto il sole persiano si divertono a gavettoni e con pistole e cannoni ad acqua? Per non parlare delle ragazze, bagnate e con il velo scomposto, finalmente sorridenti, finalmente vive.
La guerra è guerra.
Decine di giovani arrestati per atti contrari alla morale versus una teocrazia che deve la sua sopravvivenza al lavaggio del cervello dei suoi sudditi.
Guerra versus guerra.
La guerra delle idee versus la guerra quella vera.
venerdì 5 agosto 2011
Tremonti e le Principesse Rosse
C'erano una volta le famose donzelle indifese di tutte le fiabe del mondo, salvate dal cavalleresco principe azzurro dei sogni di tutte le donne del mondo.
Ora non più.
Ora che il cavalleresco principe azzurro per antonomasia sta diventando sempre meno popolare, per fortuna, le donne sognano altro. E diventano capi.
Capi della CGIL e capi di Confindustria.
Due incarichi all'apparenza opposti: le istanze degli industriali e quelle dei lavoratori, da che mondo è mondo, non vanno esattamente a braccetto.
Eppure il momento storico è decisivo: la caduta da cavallo del suddetto cavaliere, ormai ridotto a vestigia del famoso antico medioevo da bere, genera un epocale cambiamento nella nostra società e la Marcegaglia e la Camusso, novelle amazzoni, lo bastonano all'unisono.
Poiché noi donne siamo in fondo gentili e accanirsi contro un povero cavaliere disarcionato, se si può fare nelle fiabe, non è certo un comportamento da eroina della vita vera, ecco che l'ira delle due signore si dispiega in tutta la sua veemenza verso il nostro politico preferito: lui, il ministro Tremonti, l'uomo dell'inquietudine, che ormai vede ragni e scorpioni camminargli addosso, ebbene proprio lui ha avuto l'ardire di mostrarsi soddisfatto del piano governativo in 8 punti per il risanamento dell'Italia, che detto così può fare concorrenza alla pancia piatta subito tanto ambita dalle frequentatrici delle spiagge nostrane.
Ordunque, il nostro con le sue opinioni sull'economia riesce a litigare sia con il cavaliere disarcionato che con le principesse azzurre (pardon, visti i toni direi piuttosto rosse) che gli hanno risposto per le rime.
"Ci sembra che il Governo non abbia assolutamente capito l'urgenza della situazione" ha detto la Camusso, giustamente irritata dalla flemma di Tremonti di fronte allo sfacelo dell'Italia.
"Non è più il momento delle dichiarazioni, vogliamo vedere atti concreti e ci aspettiamo che il governo ci convochi già nei prossimi giorni" le ha fatto eco la Marcegaglia, dimostrando come il momento storico sia fatale non soltanto per il sacrosanto ribaltamento del potere istituzionale, con maschi inadeguati incalzati da donne che chiedono finalmente a gran voce, e finalmente da posizioni autorevoli, risposte concrete che gli uomini non sanno più dare. Ma anche per l'evidenza di un governo, ahinoi, talmente fiabesco e sconclusionato da arrivare a mettere d'accordo persino CGIL e Confindustria.
Caro Tremonti, lei che è nell'occhio del ciclone, colga l'occasione per fare finalmente il suo mestiere. Che non è quello di principe azzurro.
Ora non più.
Ora che il cavalleresco principe azzurro per antonomasia sta diventando sempre meno popolare, per fortuna, le donne sognano altro. E diventano capi.
Capi della CGIL e capi di Confindustria.
Due incarichi all'apparenza opposti: le istanze degli industriali e quelle dei lavoratori, da che mondo è mondo, non vanno esattamente a braccetto.
Eppure il momento storico è decisivo: la caduta da cavallo del suddetto cavaliere, ormai ridotto a vestigia del famoso antico medioevo da bere, genera un epocale cambiamento nella nostra società e la Marcegaglia e la Camusso, novelle amazzoni, lo bastonano all'unisono.
Poiché noi donne siamo in fondo gentili e accanirsi contro un povero cavaliere disarcionato, se si può fare nelle fiabe, non è certo un comportamento da eroina della vita vera, ecco che l'ira delle due signore si dispiega in tutta la sua veemenza verso il nostro politico preferito: lui, il ministro Tremonti, l'uomo dell'inquietudine, che ormai vede ragni e scorpioni camminargli addosso, ebbene proprio lui ha avuto l'ardire di mostrarsi soddisfatto del piano governativo in 8 punti per il risanamento dell'Italia, che detto così può fare concorrenza alla pancia piatta subito tanto ambita dalle frequentatrici delle spiagge nostrane.
Ordunque, il nostro con le sue opinioni sull'economia riesce a litigare sia con il cavaliere disarcionato che con le principesse azzurre (pardon, visti i toni direi piuttosto rosse) che gli hanno risposto per le rime.
"Ci sembra che il Governo non abbia assolutamente capito l'urgenza della situazione" ha detto la Camusso, giustamente irritata dalla flemma di Tremonti di fronte allo sfacelo dell'Italia.
"Non è più il momento delle dichiarazioni, vogliamo vedere atti concreti e ci aspettiamo che il governo ci convochi già nei prossimi giorni" le ha fatto eco la Marcegaglia, dimostrando come il momento storico sia fatale non soltanto per il sacrosanto ribaltamento del potere istituzionale, con maschi inadeguati incalzati da donne che chiedono finalmente a gran voce, e finalmente da posizioni autorevoli, risposte concrete che gli uomini non sanno più dare. Ma anche per l'evidenza di un governo, ahinoi, talmente fiabesco e sconclusionato da arrivare a mettere d'accordo persino CGIL e Confindustria.
Caro Tremonti, lei che è nell'occhio del ciclone, colga l'occasione per fare finalmente il suo mestiere. Che non è quello di principe azzurro.
Iscriviti a:
Post (Atom)