La cantante statunitense Beyoncé, icona della musica leggera coloured, sta diventando bianca.
Se non nella vita, quantomeno nella campagna pubblicitaria per una noto marchio di cosmetici la diva appare con lenti a contatto chiare e, grazie a photoshop, con un incarnato decisamente palliduccio che farebbe invidia al defunto Michael Jackson, celebre per le sue vere o presunte operazioni di chirurgia estetica volte ad assomigliare a quella casalinga olandese che costituiva il perfetto cliché di razza bianca in un’epoca in cui i programmi di fotoritocco erano ancora preistoria.
Su Jackson si tramanda fosse affetto da una malattia dermatologica: ma la ricostruzione del famoso nasino tradisce comunque ben altre intenzioni.
Di Beyoncé, invece, che dire? Per la diva afroamericana vestire i panni virtuali di una bellezza centroeuropea può forse essere un gioco pericoloso; un passatempo di grande attualità, quello di schiarirsi la pelle, che è testimoniato dai milioni di operazioni chirurgiche cui si sottopongono ogni anno veri e propri eserciti di donne afroamericane e che giustamente non piace né al popolo coloured, né agli individui ancora dotati di un grammo di buon senso. Già: perché è bene sapere che negli Stati Uniti ogni anno chiedono di diventare più simili al famoso modello caucasico oltre tre milioni di persone appartenenti ad altra etnia.
La verità è che, a leggere le pagine del gossip, se ne impara ogni giorno una nuova. La vicenda Beyoncé ad esempio insegna a milioni di ragazzine di pelle nera cos’è la tanto ambita razza caucasica, vera Araba Fenice di cui tutti parlano ma nessuno francamente ha la minima idea di cosa sia: e in effetti, come per la Fenice, anche per la razza caucasica sorgono ragionevoli sospetti riguardo la reale esistenza.
Dunque: alla voce caucasico Wikipedia afferma che «la scelta del termine è dovuta al ritenere che le persone d’incarnato roseo siano i discendenti dai superstiti sull’arca di Noè, che sarebbe approdata nel Caucaso». Sulla scientificità di tale credenza, prosegue l’enciclopedia on-line, la dice lunga la circostanza che «per i razzisti, che credono ancora nella validità scientifica del concetto di “razza”, il termine “razza caucasica” indica una razza specifica di Homo Sapiens, per la precisione i bianchi».
Inutile a questo punto precisare che tale terminologia, cara alle ragioni del razzismo spirituale partorito dalla mente di simpatici personaggi della risma di Julius Evola, «non segue il Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica».
A che serve, infatti, un codice internazionale di nomenclatura zoologica? Bastano la Bibbia, sulla quale il povero Galileo aveva già detto la sua giusto qualche secolo fa (le Scritture insegnino «come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo») e l’amor proprio di certe minoranze di individui che, mistero, sono riusciti ad inculcare alla maggioranza delle persone la certezza che sia preferibile tramutarsi, in un modo o nell’altro e costi quello che costi, nel modello (minoritario) da essi stessi imposto: il tutto con la benedizione del prete, del chirurgo plastico oppure, come nel caso in questione, dei grafici pubblicitari web.
Per fortuna c’è Michelle Obama; ben lungi dal desiderare di passare la propria epidermide in candeggina, in questi primi tempi del 2012 la first lady inaugura il proprio profilo sul social network Twitter e, in poche ore, raggiunge le migliaia di fans: segno che i tempi apocalittici del bianco che più bianco non si può stanno auspicabilmente volgendo al termine e che, con buona pace di Beyoncé e del defunto Michael Jackson, ognuno si terrà la pelle entro la quale è venuto al mondo. Perché poi alla fine, all’ombra, non è forse vero che tutte le vacche, pardon, tutte le Arabe Fenici sono nere?