luna bianca luna nera è la luna del calendario, quella di tutti i giorni, perché in questo blog si parla di ciò che succede e di come lo sentiamo.
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martedì 21 giugno 2011

Il silenzio sull'Islanda.


Esiste un Paese di 300 mila abitanti che, dopo il fallimento della sua economia nel 2008, si è rifiutato, con un referendum, di pagare i debiti delle sue banche e di socializzare le perdite, arrivando a nazionalizzarle e a denunciare e perseguire penalmente i banchieri responsabili.

Esiste un Paese che ha fatto dimettere il Governo, dissolvere il Parlamento ed ha eletto con procedimento diretto i rappresentanti che dovranno scrivere una nuova Costituzione più democratica e sociale.

Esiste un paese che mette in discussione il sistema dei partiti tradizionali, obsoleto e inefficace per dare soluzione ai nuovi problemi, passa all'elezione diretta dei rappresentanti del popolo, per le loro capacità, onestà e impegno, rompendo la dipendenza dal circolo di potere di ogni partito, iniziando un controllo della ricchezza del Paese con trasparenza e partecipazione cittadina.

E se fosse poco, ha approvato un'iniziativa per trasformare il Paese in un rifugio internazionale per la libertà di stampa, in cui il prossimo Julian Assange potrà lavorare senza essere incarcerato o gli chiudano la pagina web.


Solo che è una rivoluzione diversa, una rivoluzione “pacifica”. Gli Islandesi non hanno fatto manifestazioni tumultuose, barricate infuocate, tirato pietre o bottiglie incendiarie, no, ma stanno facendo quello che di più simile a una rivoluzione si sia mai visto da molto tempo a questa parte in questa zona del mondo. 

Però noi ne siamo appena informati.
Abbiamo visto praticamente in tempo reale tutto quello che è successo e sta succedendo nei paesi arabi, dall’Egitto in poi; quotidianamente siamo informati sui massacri che si compiono in tante parti del mondo, bollettini di guerra a cui siamo ormai assuefatti.

Sarà perché in “tele” le rivoluzioni vengono bene se sono violente? Si sa che la guerra fa audience, la pace invece no.

Oppure….
Non sarà che le mediatiche rivolte arabe non hanno rischio di contagio in Europa, mentre la mobilitazione islandese potrebbe essere fastidiosa, non piacere al sistema?
Non c’è nessun inviato che trasmette dall’Islanda, nessun media ha diffuso il risultato della rivoluzione, nessuna televisione ha trasmesso immagini, nessun analista finanziario ha parlato del fallimento del FMI nella soluzione del problema, nessuno ha paragonato l'Islanda con l'Irlanda o la Grecia.
Un silenzio opaco avvolge tutto quello che riguarda l'Islanda, si è parlato di più del lesbianismo della sua presidente che del referendum di rifiuto del pagamento del debito delle banche e, soprattutto, si sono commentate molto di più le eruzioni del vulcano Eyjafjallajokull e dei suoi effetti devastanti sull'aviazione nello spazio aereo europeo.

Già, credo che la paura sia questa: se trionfasse la rivoluzione sociale, se il modello dell’Islanda si diffondesse, nascerebbe un'alternativa al sistema finanziario e al dominio quasi assoluto del BM e del FMI. Si metterebbe in moto un'evoluzione del sistema dei partiti con la partecipazione diretta dei cittadini nella proposta dei candidati e un'amministrazione più trasparente.
E non sarebbe cosa da poco, destabilizzante sicuramente, per un sistema come il nostro che trova tutte le strategie possibili per restare aggrappato a formule obsolete, privatistiche e clientelari, in tutti i settori, dall’economia alla politica.

Dai nostri media riceviamo invece tante rassicurazioni:
l’Italia non è come la Grecia o l’Irlanda……..
bene….
non potremmo essere come l’Islanda allora?

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