E' sempre la solita minestra.
Ogni qualvolta si metta in pratica lo sdegno, esso è contornato da una guarnizione di violenza che come una carotina scolpita o un ciuffo di radicchio fa da contraltare alla pietanza principale.
Ogni riferimento non è casuale: il corteo degli indignati, apartitici e nonviolenti come recita un cartellone che campeggia sulla home di repubblica.it, è condito con una buona dose di peperoncino talmente piccante da incendiare le solite auto e i soliti cassonetti, da infrangere le solite vetrine, da lasciare drammaticamente sul campo i soliti feriti e, come sempre in occasioni analoghe, da accendere anche qualche dubbio nelle coscienze di chi una coscienza ancora ce l'ha.
Il verosimile sospetto che una manifestazione pacifica e importante come questa sia stata strumentalizzata è purtroppo un ingrediente fondamentale per una minestra comme il faut.
Manifestazione strumentalizzata, certo: qual è la maniera più appropriata di far crescere la paura nelle famiglie italiane perbene se non quella di associare il comprensibile atavico sdegno della popolazione antiberlusconiana ormai alla frutta, per restare in tema, dopo un ventennio di berlusconismo, a veri e propri atti di violenza fatta e finita?
Chissà poi quale sdegno alimenta la guerriglia di cui, in queste ore, viene riportata notizia.
E chissà cosa votano, nel segreto dell'urna, i famigerati black bloc la cui unica preoccupazione sembra quella di impiegare alla prima occasione un arsenale allestito chissà quando, chissà come e chissà perché. E chissà da chi.
Sarebbe bello saperlo. Ma probabilmente è proprio questo il tocco segreto che ogni chef che si rispetti riserva alle proprie pietanze di successo: un pizzico di amaro.